Logistica, dalla Cassazione e dal Tribunale di Piacenza altre due sentenze contro le scatole cinesi degli appalti GLS. Doppia vittoria giudiziaria di 33 facchini licenziati e di USB

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I provvedimenti della Corte di Cassazione (1897/21) e del Tribunale di Piacenza in composizione collegiale (59/22 dell’8 agosto), hanno confermato l’illegittimo licenziamento dei facchini dell’appalto GLS avvenuto nel 2019.

Secondo la Cassazione è illegittima la sospensione del giudizio della sentenza della Corte d’Appello che bollò come illegittimi i licenziamenti del primo gruppo di 16 facchini, sospensione deliberata in attesa dei ricorsi alla Suprema Corte promossi dall’allora appaltatrice Seam.

La sentenza è dunque da considerarsi esecutiva, anche nei confronti della cessionaria di azienda Natana, e gli effetti di tale pronuncia (reintegrazione nel posto di lavoro, risarcimenti economici e contributi previdenziali) devono essere immediati.

Con la seconda pronuncia il Tribunale di Piacenza, in sede di reclamo cautelare, respinge il ricorso della Natana e dà ragione al secondo gruppo di lavoratori anch’essi licenziati in regime di Jobs Act. La sentenza conferma che la subentrante Natana era a tutti gli effetti cessionaria di azienda Seam e che le reintegrazioni disposte dalla Corte d’Appello di Bologna nei confronti di Seam producono immediatamente i propri effetti giuridici nei confronti di Natana, in qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso.

Con queste ultime due sentenze diventano ben 6 i provvedimenti giudiziali favorevoli (3 pronunce di Corte d’Appello di Bologna, 2 pronunce in sede di urgenza ed 1 in sede di reclamo), con i quali i magazzinieri, con il supporto di USB, stanno blindando il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. Diritto che le aziende coinvolte tentano invece di cancellare con il consueto, illecito schema delle scatole cinesi tanto di moda negli appalti della logistica.

Ora verranno depositati i ricorsi di merito, avendo Natana ancora omesso di corrispondere ai facchini circa 566mila euro di risarcimenti, oltre 200mila euro di contributi previdenziali che dovranno essere versati all’Inps.

L'ennesima vicenda giudiziaria vinta dai lavoratori organizzati con USB e difesi dallo studio legale Prolabor, il cui impegno è stato determinante nel districare la complessa matassa artatamente costruita dalle aziende nell'evidente tentativo di sfuggire alle proprie responsabilità.

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