Pavia: sotto il caldo sole della logistica
Immagina la tua estate. In fuga dalla città e dal suo calore asfissiante, al mare, in montagna o comunque in qualche posto lontano da quelle che sono responsabilità e doveri. Mettere tutto in pausa, staccare, riposarsi, giusto il tempo di sentire la mancanza di casa e ritornare per ritrovare tutto quello che si era lasciato. E se non fosse sempre così? E se non fosse per tutti sempre così? Oltre i confini storici della nostra città, appena usciti dai quartieri più periferici che la circondano, si apre un mondo che pochi conoscono e che non va assolutamente sempre in vacanza. Geodis di Marzano, Cablog di Landriano, Fiege di Stradella, FM di Corteolona sono nomi che non dicono nulla alla maggior parte delle persone ma che rappresentano un mare di incertezze per coloro che invece l’estate la passeranno davanti a questi cancelli nella speranza che qualcosa cambi veramente. Ogni storia è diversa ma esiste un filo conduttore che lega le vicende di tutti questi operai ed operaie: la paura che un lavoro povero come quello della logistica è in grado di instillare nei lavoratori e il bisogno di questi di liberarsene per costruirsi un futuro migliore. Che si tratti di un cambio appalto, la perdita di una commessa, la chiusura di un impianto poco importa in quanto le motivazioni sono figlie tutte dello stesso male ovvero la confusione e l’instabilità di un lavoro che ormai è povero di sua natura e l’ignoranza nel voler mantenere le persone isolate e smarrite nel marasma del caos italiano. Ma le storie di questi operai e queste operaie raccontano un sentimento diverso da quello che i padroni vorrebbero inculcargli ovvero che non ci si piega davanti alle loro angherie e vessazioni, che non si accetta che il guadagno proveniente dalla fatica di chi la compie debba sempre ricadere nelle mani dei soliti pochi, che il lavoro non è un privilegio ma un diritto di cui nessuno può avere qualche pretesa libertà di soffocare. E queste vicende ci dimostrano che tali aspirazioni dei lavoratori non si arrendono davanti alle difficoltà che gli sono poste. Non si arrendono al caldo cocente di questi giorni, agli occhi pieni di biasimo dei colleghi crumiri e servi che non si ribellano, alle cariche della polizia di uno Stato che non difende i suoi lavoratori ma che protegge i privilegi davanti al mutismo di un territorio che sembra volerli isolare nell’aria bollente dei magazzini. Perché come risulta fondamentale legare le diverse lotte dei diversi magazzini per un obiettivo comune così è ugualmente essenziale la consapevolezza delle persone e dei cittadini che quel territorio lo abitano e di quel lavoro si arricchiscono e ne godono anche loro i frutti. Perché tutti vogliono il prodotto che appena ordinato arrivi subito, tutti vogliono i prodotti freschi e di marca nel proprio supermercato di fiducia, che qualsiasi servizio richiesto sia svolto nell’immediato e impeccabilmente ma che cosa comporta tutto questo? Casermoni di cemento armato troppo caldi d’estate e troppo freddi di inverno costruiti nel bel mezzo delle nostre campagne che contribuiscono ad una cementificazione costante del territorio, luoghi che per raggiungerli bisogna molte volte percorre strade dissestate o comunque non adatte a sopportare il traffico costante dei tir e quindi pagine di giornale di incidenti e morti sulle strade che sono sempre uguali. E per concludere, ovviamente perché alla fine non si veda mai niente, costruiti attorno a piccoli paesi che sono inadatti a sopportare la mole di persone che, scacciate dalla città, si spostano per seguire il lavoro ovunque vada con tutto il carico di problemi sociali che comporta l’arrivo di nuovi abitanti in luoghi che sono impreparati ad accoglierli. E tutto questo dai confini della nostra città si alza anche se nessuno sembra ascoltare, a nessuno sembri importarne perché alla fine non sembra riguardargli. Ma le voci si fanno sempre più forti, sempre più costanti, sempre più vicine e non può essere ignorato il carico di disagi e problemi che con essi si portano. Perché anche se si vuole silenziare tutto con la lentezza asfissiante dell’estate, con il disinteresse dei padroni che il loro posto al mare sulla barca ce l’hanno assicurato, tutto questo non si ferma, non si arresta perché non lo si vuole ascoltare. la forza dei lavoratori è sparsa e disorganizzata ma presente e vitale e ogni giorno che passa si arricchisce di nuove istanze e richieste, di nuove forze e nuove braccia che si incociano e bloccano perché altri come loro possano costruirsi una vita degna. E i padroni, politici o economici che siano, ascoltino e prestino attenzione a queste voci che si alzano sempre più numerose prima che siano travolti da uno tsunami che non è sicuramente il piacevole e tranquillo mare di Ferragosto. Tutte queste voci troveranno un loro centro nello sciopero generale del prossimo 20 Giugno nella manifestazione di Milano e il 21 Giugno a Roma così da poter mandare un unico segnale forte e chiaro: la lotta non si arresta.
Dalle spiagge della logistica per ora è tutto.
Schiavi Mai.